Il malato immaginario
«Io malato? No, è solo che non vi voglio ascoltare. Non mi voglio ascoltare»: Don Argante, il protagonista di questa commedia di origine molièrana, dal suo vellutato rifugio meridionale ci parla di noi, di quella che è la degenerazione della nostra solitudine, del nostro vuoto, del nostro rumore incessante interno. Quanto è duro riconoscere la forza della nostra fragilità, la ruvidezza dell'amore di chi davvero ci ama, quanto costa mettersi in discussione e vivere? Il nostro tempo ci vuole pronti, senza paure, protetti e brillanti, ma è facile che il nostro io più resistente non ci stia e diserti tutta questa recita mettendone in scena un'altra. Quella della negazione: nego la vita, nego la mia possibilità di viverla come tutti gli altri. Don Argante vede il mondo deformato dal prisma della sua paura; in questo mondo alla rovescia i buoni sono crudeli e i cattivi sono i migliori alleati della conservazione dello stato nevrotico in cui ha deciso di piantarsi. La potenza comica di Molière ci travolge e ci porta a specchiarci in quella che, da Freud in poi, non possiamo che chiamare ipocondria. Si ride meglio se si ride dei difetti, noi però Don Argante lo preserviamo, lo amiamo come il nostro io più fragile e, come la parte più nera di noi, lo odiamo.
16€ intero / 14 € ridotto