#3. Verso la fotografia moderna

Dal disegno fotogenico all’età del collodio

William Henry Fox Talbot, Pianta, 1835-1845, disegno fotogenico, cm 9,9 x 10,48,
Iris & B. Gerald Cantor Center for Visual Arts at Stanford University

Wikimedia Commons, Pubblico dominio

 

La dagherrotipia non fu il solo procedimento fotografico ad accendere la curiosità del mondo nel 1839.

Nello stesso periodo in cui Niépce e Daguerre, in Francia, conducevano i loro esperimenti, anche l’inglese William Henry Fox Talbot cercava una via “per fissare il disegno della luce” e rendere permanenti le “magiche immagini, creazioni di un momento”, che si producevano senza intervento manuale nella camera oscura, come lo stesso inventore ricorderà nel 1844, presentando il suo libro The Pencil of Nature
Il metodo calotipico, da lui perfezionato e brevettato tra il 1839 e il 1841, inizialmente ottenne minor successo rispetto al dagherrotipo, preferito per l’insuperato, sbalorditivo dettaglio dei particolari; nel tempo, tuttavia, trovò largo impiego, in ragione del minor costo e della possibilità di moltiplicazione dell’immagine, che diventerà l’emblema della fotografia e della moderna comunicazione visiva.
A riunire il meglio dei due procedimenti, subito dopo la metà del secolo, sarà la combinazione tra la stampa all’albumina e la tecnica del collodio, che fu peraltro utilizzata anche per la produzione di positivi diretti: esemplari unici che presero il posto dei dagherrotipi.

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Talbot e il processo negativo/positivo
Disegno fotogenico, calotipo, carta salata

Al posto delle lamine metalliche utilizzate da Daguerre, Talbot impiegò semplice carta da lettere di buona qualità, bagnata in acqua salata e trattata con una soluzione contenente nitrato d’argento. Leggi di più

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I progressi di metà secolo
Carta albuminata, lastre al collodio, aristotipi, ferrotipi

Gli anni che seguirono la divulgazione dei procedimenti di Daguerre e di Talbot coincisero con un periodo di intensa sperimentazione scientifica, estesa anche al nuovo ambito fotografico, dai procedimenti di ripresa alle tecniche di stampa, con l’obiettivo di porre rimedio ai limiti del dagherrotipo (l’unicità) e del calotipo (la scarsa nitidezza delle stampe su carta salata). Leggi di più

 

Per approfondire

  • William Crawford, L'età del collodio: gli ingredienti e le ricette nella camera oscura dell’800, Roma 1981
  • Helmut Gernsheim, Storia della fotografia. 2, 1850-1880 L'età del collodio, Milano 1987 

Risorse online

Si rimanda ai contributi del Victoria and Albert Museum (Photographic Processes| The CalotypeHow was it made? Wet Collodion)

Katia Malatesta

18/04/2020