Il nome della rosa

Il fascino inquieto di un'abbazia benedettina nel 1327, le indimenticabili figure di Adso da Melk e del suo carismatico maestro Guglielmo da Baskerville: da oggi a domenica al Sociale di Trento

[ Foto di: Andrea Guermani]

“Il romanzo di Eco nel 2018 sarà al centro di una lettura collettiva che coinvolgerà tutta la città. Il tema del senso e della ricerca della verità è straordinariamente attuale in un'epoca in cui proliferano le fake news”: così si leggeva sul sito del Comune di Trento, il 4 luglio dello scorso anno in chiusura del concorso "Un libro, una città”, con cui i lettori trentini attraverso i social decretavano la vittoria de “Il nome della rosa” sugli altri volumi partecipanti all'iniziativa.

Da oggi e fino a domenica arriva al Teatro Sociale di Trento nell’ambito della Grande Prosa lo spettacolo omonimo, tratto appunto dal romanzo di Umberto Eco. L’adattamento teatrale è di Stefano Massini, per la regia di Leo Muscato, con Eugenio Allegri, Giovanni Anzaldo, Renato Carpentieri, Luigi Diberti, Luca Lazzareschi. Produzione Teatro Stabile di Torino, Teatro Stabile di Genova.

Uno spettacolo che intende essere innanzitutto un omaggio alla figura e all’opera di Umberto Eco (1932 – 2016), noto semiologo, filosofo e scrittore, studioso multidisciplinare che ha lasciato un’immensa produzione saggistica e alcuni romanzi, tra i quali il successo mondiale Il nome della rosa, il primo romanzo di Eco, scritto nel 1980, tradotto in oltre 40 lingue con oltre 50 milioni di copie vendute in trent'anni. 

Stat rosa pristina nomine, nomina nuda tenemus ("la rosa primigenia esiste solo nel nome, possediamo soltanto nudi nomi") è una variazione di un verso del De contemptu mundi di Bernardo Cluniacense, monaco benedettino del XII secolo: è questo verso, posto in chiusura di romanzo, che ha dato origine al titolo. Lo spiega lo stesso Eco in Postille a "Il nome della rosa": «Bernardo varia sul tema dell'ubi sunt (da cui poi il mais où sont les neiges d'antan di François Villon) salvo che Bernardo aggiunge al topos corrente (i grandi di un tempo, le città famose, le belle principesse, tutto svanisce nel nulla) l'idea che di tutte queste cose scomparse ci rimangono puri nomi».

Il dotto incipit della narrazione conduce nell’atmosfera misteriosa del  monastero medievale di Melk: "In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio. Questo era in principio presso Dio e compito del monaco fedele sarebbe ripetere ogni giorno con salmodiante umiltà l'unico immodificabile evento di cui si possa asserire l'incontrovertibile verità".

Siamo nel 1327 e l’espediente letterario del manoscritto ritrovato: “ Il 16 agosto 1968 mi fu messo tra le mani un libro dovuto alla penna di tale abate Vallet, Le manuscript de Dom Adson de Melk, traduit en francais d'après l'édition de Dom J. Mabillon (Aux Presses de l'Abbaye de la Source, Paris, 1842)» dà il la a una vicenda intrigante, giocata tra storia e thriller.

Ricchissima di riferimenti letterari e filosofici, narra del monaco Adso da Melk che, ormai anziano, decide di scrivere la sua testimonianza su alcuni fatti sconvolgenti accaduti quando nel monastero benedettino giunse il suo maestro Guglielmo da Baskerville. Una figura che l’interpretazione di Sean Connery nell'omonimo film ha reso indimenticabile.

«Abbiamo immaginato uno spettacolo in cui la dimensione del ricordo del vecchio Adso, potesse diventare la struttura portante dell’intero impianto scenico – puntualizza Leo Muscato – Questo è concepito come una scatola magica in continua trasformazione che possa evocare i diversi luoghi dell’azione: una biblioteca, una cappella, una cella, una cucina, un ossario, una mensa, ecc. Delle musiche originali, frammiste a canti gregoriani eseguiti a cappella dagli stessi interpreti, contribuiranno a creare dei luoghi di astrazione in cui la parola possa farsi materia per una fruizione antinaturalistica della vicenda narrata, e alimentare nello spettatore una dimensione percettiva che lo porti a dimenticarsi, per un paio d’ore, il meraviglioso film di Jean-Jacques Annaud. […] Abbiamo provato a raccontare questa storia con una lieve leggerezza, che possa qua e là solleticare il riso».

Lo spettacolo - che ha debuttato nel maggio del 2017 al Teatro Carignano di Torino - è prodotto dai Teatri Stabili di Torino, Genova e del Veneto, e può contare su un cast di interpreti numeroso e di qualità. Sul palco saliranno: Eugenio Allegri, Giovanni Anzaldo, Giulio Baraldi, Luigi Diberti, Marco Gobetti, Luca Lazzareschi, Bob Marchese, Daniele Marmi, Mauro Parrinello, Alfonso Postiglione, Arianna Primavera, Franco Ravera, Marco Zannoni.
“IL NOME DELLA ROSA” esordirà al Teatro “Sociale” giovedì 22 marzo alle ore 20.30. Sono previste repliche venerdì 23 e sabato 24 marzo, sempre alle ore 20.30. La replica di domenica 25 marzo è infine prevista per le ore 16.00.


22/03/2018

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