La forza di scrivere

Parole e ricordi di guerra nel diario di Arturo Dellai

Leggere il diario, le lettere e le cartoline di Arturo Dellai, guardare i suoi documenti e le fotografie, per me ha significato, prima di tutto, cercare di immaginare, attraverso identici luoghi e avvenimenti, anche le vicende di mio nonno materno, delle quali non è rimasto niente di scritto, nessuna lettera, cartolina, documento: solo la sua fotografia in posa di serio e orgoglioso soldato prima della fatale partenza per il fronte orientale.

Questa sollecitazione proiettiva, emozionale e personale, che sarà provata da chi leggerà le parole del diario se ridesterà la stessa risonanza di ricordi familiari, ha poi lasciato il posto all'emergere nel testo di un nucleo narrativo sottostante che spesso non viene colto quando si legge un semplice e scarno resoconto diaristico di cose vissute anche attraversando accadimenti storici di importanza universale. 

Bisogna chiedersi, prima di esaminare cosa scrive e come scrive, perché il pastaio Arturo Dellai, diventato soldato, scrive, perché si prende cura di annotare in un quadernetto quello che via via gli succede. Mentre è consueto per un soldato dell'epoca scrivere cartoline, lettere, spedire fotografie (singole o di gruppo, scattate di solito negli studi fotografici e stampate nel formato cartolina per essere poi spedite), essendo la posta l'unico mezzo per comunicare con i familiari e gli amici, non è proprio scontato tenere un diario, seppur semplice ed essenziale.

La prima risposta, di valore generale, che rende conto di tutta la vasta documentazione di "scritture di guerra" di "gente comune", ora raccolta e custodita in molti archivi europei, riguarda la percezione, con diversi gradi di consapevolezza, dell'eccezionalità della guerra da parte di chi vi ha partecipato: la Grande guerra è stata il crollo di un mondo e di una civiltà, quella europea, le cui ripercussioni arrivano fino a noi, che si riteneva destinata a progredire nel segno della ragione, del progresso, dell'umanità. Gettato in guerra l'individuo sperimenta la subitanea e radicale rottura del normale modo vita precedente e l'irrompere di eventi devastanti. Scrivere diventa un modo per tentare di fissare e testimoniare, prima di tutto a sé stessi, tali inimmaginabili esperienze.

Nei diari dei soldati comuni si trovano i segni della rottura della continuità con la vita precedente - allora si scrive per mantenere un legame con il proprio mondo, per fuggire dalle atrocità della guerra, per alleviare angosce e sofferenze, per difendere la propria identità personale, per sentirsi ancora vivi – e le rappresentazioni dello spaesamento, dello sradicamento, dello sconvolgimento delle normali dimensioni spaziali e temporali, della nostalgia, della dissociazione e della follia, dello sconvolgente scenario visivo e acustico dei combattimenti, della devastazione del paesaggio naturale, della morte incombente, delle ferite e degli ospedali, degli interminabili spostamenti a piedi e in treno, dei campi di prigionia e delle peripezie del ritorno alla fine della guerra...

Roberto Fontanari - studioso, responsabile della biblioteca di Civezzano

10/03/2016

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