UTOPIA500. L’Isola di Utopia

500 anni dopo: sabato 9 aprile alle 20.30 al Teatro Sociale Andrea Castelli e Luca Pedron leggono pagine dall’Utopia di Thomas More

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Ingresso libero fino ad esaurimento posti. I biglietti possono essere ritirati presso il Teatro Sociale a partire da un'ora prima dell'appuntamento.

Primo editore in Italia a farlo, mezzo millennio dopo la prima pubblicazione, Il Margine ha dato alle stampe nelle settimane scorse una nuova edizione di “Utopia” di Thomas More, a cura di Francesco Ghia (filosofo dell’Università di Trento) nella traduzione dal latino, molto viva e “contemporanea”, di Lia Guardini.

Sabato 9 aprile alle 20.30 al Teatro Sociale gli attori Andrea Castelli e Luca Pedron, nel recital “L’isola di Utopia”, leggeranno alcune pagine del capolavoro di Tommaso Moro, scelte da Vincenzo Passerini, fondatore del Margine e ideatore del progetto Utopia500, che sarà sul palco anche per introdurre l’opera e l’autore: dalla nascita di Utopia nel corso di una trattativa commerciale alla pubblicazione di “un piccolo sconvolgente libro”, firmato da “un genio e un martire della libertà di coscienza”. Partendo dalla critica feroce della società inglese ed europea dell’epoca, si passa ai tre dialoghi tra l’immaginario viaggiatore portoghese Raffaele Itlodeo (che racconta delle sue visite all’isola di Utopia), Thomas More e il suo ospite Pieter Gilles nella sua casa di Anversa: il dialogo sull’impegno politico, quello sulle cause della miseria, quello sulla proprietà privata.

La polemica di More è sferzante: “C’è un grandissimo numero di nobili che non solo vivo­no oziosi, come dei fuchi, del lavoro di altri, spolpandoli fino all’osso, per aumentare le proprie entrate (e questa è l’unica economia che conoscono, loro, uo­mini poi disposti a spendere fino a ritrovarsi poveri), ma che, oltre a questo, si circondano di una grandissima turba di scio­perati che mai hanno conosciuto un lavoro per guadagnarsi il cibo”. “Così, perché un solo ingordo, insaziabile e funesta ro­vina della patria, formi un’unica proprietà e circondi con un unico recinto alcune migliaia di iugeri, vengono cacciati via i coloni: e alcuni sono spogliati dei loro terreni o imbrogliati con la frode, o sopraffatti con la violenza, oppure sono forzati a vendere, sfiniti dalle ingiustizie. Finisce così che in qualsiasi modo questi disgraziati sono costretti ad andarsene: uomini, donne, mariti, mogli, orfani, vedove, genitori con bambini piccoli, e una famiglia più nume­rosa che ricca, visto che il coltivare la terra richiede molte brac­cia. … E poi, una volta consumata, nel giro di poco tempo, la miseria che avevano, che cosa altro resta loro da fare se non mettersi a rubare e finire, di certo giustamen­te, sulla forca? Che altro resta se non mettersi a vagabondare e a chiedere la carità?” 

Nella seconda parte del recital, la descrizione della singolare vita privata e pubblica sull’isola di Utopia, che tocca vari aspetti interessanti e sorprendenti: l’oro e il denaro, la giornata in Utopia, l’agricoltura, gli ammalati, la caccia, la schiavitù, i buffoni, la religione, le cariche pubbliche, le leggi, la guerra, la proprietà privata, lo Stato.

Ecco come, per esempio, gli Utopiani considerano i metalli preziosi: “Di certo gli Utopiani si meravigliano del fatto che ci sia­no uomini affascinati dall’ambiguo splendore di una piccola gemma o di una piccola pietra, quando essi hanno la pos­sibilità di guardare una stella o addirittura anche il sole; e si domandano con stupore se ci possa essere una persona tanto fuori di testa da sentirsi più nobile solo per via di un filo di lana più sottile e raffinato, se è vero che quella lana, per quanto sottile sia il filo, una volta la indossava una pecora che nulla altro che pecora è sempre rimasta.

 Ancor più si stupiscono del fatto che un materiale per sua natura così inutile come l’oro oggi sia considerato tanto prezioso che l’uomo, in virtù del quale ha acquisito il suo gran valore, venga considerato in verità meno prezioso dell’oro stesso, al punto che anche un furbastro qualsiasi, che ha meno in­telligenza di un ciocco di legno ed è disonesto non meno che stupido, riesce comunque ad avere al suo servizio molte persone sagge e oneste soltanto per il fatto di possedere un gran mucchio di denaro”.

Le letture da Utopia si alterneranno con la musica rinascimentale proposta da BonportiAntiquaEnsemble: l’ensemble vocale e strumentale del Dipartimento di Musica Antica del Conservatorio Bonporti (classe di canto rinascimentale e barocco della prof. Lia Serafini): Marta Redaelli, soprano; Mariapia Bortolotti, contralto; Mattia Culmone, tenore; Lorenzo Ziller, basso; Alessandro Baldessarini, liuto; Roberto Gianotti, direttore cantore.

Paolo Ghezzi - direttore editoriale casa editrice il margine coordinatore progetto utopia500

06/04/2016

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