Tatami

Una narrazione anti-logos. Visuale. Fisica.

Teatro

Una narrazione di qualunque tipo, per risultare avvincente, necessita di antagonismo, un conflitto, di una contrapposizione, contrasto fra due o più elementi. Altrimenti non è una narrazione, è un elenco.
E non prendiamoci in giro: ogni relazione, anche quelle orientate alla cooperazione, nasconde un conflitto, asimmetrie e talvolta conflitti, almeno latenti.
Se guardi bene, li puoi trovare persino in una sdolcinata storia d’amore o tra due marmocchietti che fanno un castello di sabbia in riva a un mare gentile di fine estate. E soprattutto tra donne e uomini che cercano di superare gli archetipi di genere in cui da millenni la società li ha imprigionati. In ogni relazione, insomma.
Più spesso il conflitto si estrinseca. E così, talvolta, lo si fa fuori a pacche. In senso metaforico certo, ma qualche volta no.
Allora perché non costruire una narrazione funzionale al conflitto, piuttosto che il contrario?
Con gli strumenti – che si spera catartici – delle arti marziali e della danza viene messo in scena il conflitto puro, la grazia inquietante che lo contraddistingue, il movimento che ne è veicolo. Una narrazione anti-logos. Visuale. Fisica. Che però neutralizza e respinge la violenza e la mera sopraffazione.
In questi tempi tormentati, volgari e scorretti si vuole ricordare che anche il conflitto ha delle regole, può avere una sua etica e sopratutto… necessiterebbe di una certa classe.

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