Castel Noarna

Il castello nella storia della Vallagarina tra l’ 11° il 15° secolo

 Storia

Già nel XI secolo, Castelnuovo di Noarna dominava imponente la Vallagarina, risorto dalle proprie rovine dopo essere nato probabilmente come fortificazione in epoca romana. I signori che Vi dimoravano portavano il nome dal maniero stesso e lo possedettero in quell’epoca travagliata dalle lotte tra Guelfi e Ghibellini. Nel 1177, a causa dell’uccisione in Vallagarina di Adalpreto principe vescovo di Trento, si ebbero nella zona violenti scontri armati nel corso dei quali Castel Noarna venne seriamente danneggiato assieme ad altri fortilizi e castelli della valle. A quei tempi il feudo dei Castelnuovo comprendeva già le comunità di Noarna, Castellano e Pomarolo. Alla fine del 1200, i Castelnuovo decaddero per cause ignote e il castello passò alla famiglia dei Castelbarco, una delle famiglie più importanti del Principato di Trento i cui feudi di allora comprendevano quasi tutta la Vallagarina, possedimenti nella città di Trento, il castello di Sabbionara D’Avio e territori nelle zone di Verona e Belluno.

Il castello passò successivamente alla famiglia dei Lodron nel 1486, dopo una lunga vertenza con i Castelbarco che vide coinvolta di prima persona la Repubblica di Venezia, la quale fece da garante e spalleggiò i Lodron per garantirsi il loro futuro appoggio nella valle. Nel frattempo il feudo di Castel Noarna si era ulteriormente esteso e comprendeva tutta la collina a destra dell’Adige da Reviano ad Aldeno. Un personaggio chiave nella storia della famiglia Lodron fu Nicolò che investito del feudo nel 1532, sposò in prime nozze Gentilia Contessa d’Arco, dalla quale ebbe un figlio di nome Gasparo, e in seconde nozze Beatrice di Castellalto, dalla quale ebbe Paride e Susanna. Sotto il suo dominio il castello assunse l’aspetto attuale, trasformandosi da fortificazione ad uso principalmente difensivo in dimora gentilizia. Nicolò Lodron fece realizzare i nuovi settori residenziali del castello, gli affreschi della scala principale e quelli del giardino d’inverno. Paride, figlio di Nicolò divenne nel 1606 Principe Vescovo di Salisburgo. Durante il suo principato venne terminata la costruzione del Duomo di Salisburgo ad opera del maestro architetto Santino Solari. Lo stesso Solari venne chiamato a Villalagarina per la costruzione della Cappella di San Ruperto, piccolo capolavoro decorato con preziosi stucchi ed affreschi in stile barocco. 

A Massimiliano Lodron, nipote di Nicolò dobbiamo invece il ciclo di affreschi delle battaglie che si trova nella stuba magna, vi troviamo infatti riprodotti gli stemmi dei Lodron, di sua moglie Sibilla Fugger e di sua madre Anna Berka. Gli affreschi furono effettuati a ricordo dell’appoggio finanziario dei Fugger alla corona di Spagna.La famiglia Lodron tenne il controllo della giurisdizione di Castelnuovo – Castellano fino al 1826 e nel 1842 rinunciò ai diritti feudali. Dopo il 1876 la famiglia Lodron che fino ad allora dimorava nel Castello, si trasferì al palazzo di Nogaredo utilizzando il castello solo come residenza estiva. Si dice che a quei tempi la madre dell’imperatore Guglielmo II soggiornasse abitualmente al castello in autunno. Verso la fine del secolo il castello venne definitivamente abbandonato e i mobili ivi contenuti vennero trasportati nel palazzo di Nogaredo.

Architettura ed affreschi

Come abbiamo precedentemente accennato l’origine del castello è da far risalire, come punto fortificato, al VI – VII sec. mentre le prime notizie documentate del fortilizio di Castelnuovo risalgono al 1177. La base dell’impianto attuale (il mastio, le fortificazioni e la merlatura guelfa) si fa risalire al XIII secolo. La torre di guardia è primo punto di accesso al castello che serviva a controllare il ponte levatoio in legno. Passata la torre, percorrendo un camminamento si arriva al secondo posto di guardia, formato da un portone in legno e una finestra con inferriata, di fianco alla quale troviamo un muro merlato con all’interno i segni del camminamento di ronda. All’interno del castello si trova il Mastio, elemento fondamentale della struttura difensiva di un castello, formato dalla torre principale ornata da una merlatura guelfa, due locali di guardia e le prigioni. Nei muri che circondano il Mastio, che rimane l’unica parte non modificata da successive ristrutturazioni, troviamo inseriti nelle mura di epoca rinascimentale archi a tutto sesto e in pietra rossa a testimonianza delle preesistenti strutture medioevali. 

Dal cortile del mastio possiamo accedere alla Cappella. All’interno troviamo un abside quadrato con finestre a tutto sesto. Le volte dell’abside e della navata sono a crociera. Di notevole importanza è la pala “L’incoronazione della vergine con i santi Nicola e Francesco”, risalente al 1580. In essa troviamo rappresentato San Nicola in abiti vescovili con mitra e pascolare, le tre palle d’oro che ha in mano simboleggiano l’elemosina fatta dal santo. La predella dell’altare è decorata con scene di vita del santo. San Francesco è rivolto verso la scena dell’Incoronazione della vergine. La sua presenza è motivata dai legami con S. Nicola protettore degli oppressi. Dedicata a San Nicola sia in onore di Nicolò Lodron, padre di Gasparo che la commissionò, sia in quanto San Nicola figura come protettore dalle pestilenze che in quell’epoca infestavano la zona La pala è stata attribuita a Paolo Naurizio, pittore che operò in trentino mediando la cultura veneta, introdottavi da Jacopo e Francesco da Bassano, con suggerimenti nordici. Un altro suo importante dipinto, “L’incoronazione della vergine e i santi patroni della città” è attualmente esposto al museo diocesano di Trento. Da notare anche la preziosa loggia lignea decorata con motivi floreali. Sempre dal cortile del mastio si accede alla galleria dove troviamo una volta affrescata a graticcio corrente con alla base da parte una fascia con festoni, putti, teste virili e gli stemmi delle famiglie Lodron, Castellalto e Arco, dall’altra affreschi di carattere agreste che rappresentano episodi mitologici. L’autore di questi affreschi risulta a tutt’oggi sconosciuto. Una porta gotica connette la galleria alla volta affrescata. L’atrio d’onore è un raro esempio di copia pittorica (parziale) della volta michelangiolesca, risalente alla seconda metà del 1500. Al centro della volta troviamo la Creazione degli Astri, la Separazione della luce dalle tenebre, e un figura di Ignudo. Nelle due fasce sottostanti due file di profeti e sibille. Nelle lunette troviamo invece scene cavalleresche ed epiche ambientate nelle nostre valli. In particolare nella lunetta a fianco della porta gotica possiamo ammirare in una veduta della vallagarina da sud verso nord: Castel Noarna, Castel Pietra e Castel Beseno con in primo piano due cavalieri.

La volta è stata attribuita a Giovan Battista Cavalieri (Villalagarina 1825 – Roma 1601), importante e famoso incisore che visse tra Roma e il Trentino, di cui è famosa anche una riproduzione del giudizio universale di Michelangelo. Al piano superiore troviamo la Stuba Magna che contiene un ciclo di affreschi composto di 24 scene che raffigurano le guerre d’indipendenza e religiose dei Paesi Bassi. Esso è stato ripreso da una serie di Geschichtblaetter prodotti dalla bottega del fiammingo Franz Hogenberg. Tali fogli di storia svolgevano funzione di documentario sugli avvenimenti salienti dell’epoca; quelli della bottega di Hogenberg, divennero famosi per l’accuratezza delle descrizioni e per la rapidità con cui seguivano gli eventi descritti. Essi erano inoltre completati da brevi commenti in rima. Gli affreschi furono realizzati in occasione delle nozze tra Massimiliano Lodron (figlio di Gasparo Lodron e Anna Berka) e Sibilla Fugger, nel 1602. I Fugger furono infatti grandi finanziatori delle imprese militari della corona di Spagna. Nella sala troviamo infatti rappresentati gli stemmi dei Lodron, dei Berka e dei Fugger. Da notare anche il soffitto ligneo a cassettoni arricchito con decorazioni floreali.

Le streghe di Nogaredo 

Corre l’anno 1646. Nella piazza di Nogaredo Mercuria accusa Domenica di furto chiamandola strega; per questo motivo le due donne vengono imprigionate nelle carceri del castello, a loro vengono tagliati i capelli come segno delle accuse mosse nei loro confronti. Mercuria, che viene a sua volta accusata di stregoneria, afferma che sono state Domenica e sua figlia a insegnarle come diventare una strega, trattenendo l’ostia consacrata sotto la lingua dopo la comunione e imprimendole il marchio del demonio sulla spalla. In seguito a queste accuse, le donne imprigionate nel castello vengono sottoposte a tortura durante gli interrogatori. Le torture praticate in quel periodo comprendevano il “tratto di corda” (che consisteva nell’appendere la persona per le mani fino a spezzarle i tendini o le ossa), e i “sibilli” (spezzare le ossa delle mani con cunei di legno fra le dita). Sotto tortura Mercuria ammette di essere una strega, di andare al sabba con altre donne dei dintorni, di aver praticato guarigioni con unguenti satanici e polvere di ossa di morto. Ella asserisce inoltre di aver avuto rapporti con uno stregone di nome Delaito.A seguito di questi interrogatori Mercuria viene rilasciata.

Rimangono invece imprigionate Domenica Chemella e la figlia Lucia. Esse sono donne di ceto sociale molto basso e Domenica è solita recarsi alla corte dei Lodron a vendere gamberi pescati nell’Adige. Sotto tortura Lucia racconta come lei e le altre stregarono tal Cristoforo Sparamani: trasformate in gatti si inoltrarono nottetempo nella camera da letto del malcapitato e lo cosparsero con un unguento dato loro dal diavolo in persona, poi, riprese le sembianze umane, si diedero ai festeggiamenti con pietanze sottratte alla sua cucina (pane formaggio e un boccale di vino). Il diavolo spesso si univa a loro in questi festeggiamenti sia sotto sembianze umane sia in forma di capra. A seguito di questi interrogatori vengono incarcerate altre donne delle giurisdizioni di Castel Noarna e Castellano (Zenevra, Caterina, Benvenuta ). Domenica, Lucia e le altre stremate dalla tortura ammettono tutto ciò che i giudici mettono loro in bocca: escono così altri dettagli sui sabba, ricette di pozioni magiche, ecc. Il processo si protrae per un anno coinvolgendo decine di persone di tutti i paesi della Vallagarina. Nella fase finale del processo entra in scena l’avvocato difensore Marco Antonio Bertelli di Nomi, che mette in evidenza come gli interrogatori siano stati eseguiti scorrettamente; fa sottoporre a perizia medica le donne dove risulta che non portano segni di diabolici sul corpo e dichiara che le colpe delle donne sono sempre inferiori perché esse sono “fragili, imbecilli nell’intelletto, ignoranti, credulone e facilmente soggiogabili. Ma nonostante le tesi sostenute dalla difesa, i Lodron vogliono dare un esempio di fermezza; le donne vengono dichiarate colpevoli e 5 di loro sono condannate alla decapitazione e successivo rogo, sentenza che venne eseguita dal boia Ludovico Oberdorfer di Merano alla quale dovettero assistere tutti gli abitanti delle giurisdizioni. In questo processo venne incriminato anche un uomo: Santo Graziadei, che morirà in prigione nel 1651.

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